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La mosca dell'orinatoio


La mosca dell'orinatoio

La mosca dell'orinatoio di Riccardo Siberia


Per lavoro faccio la mosca dell'orinatoio. Si proprio così, per guadagnarmi da vivere io sono quel piccolo adesivo nero che è presente in quasi tutti i pisciatoi. A cosa servo? Semplice: a far centrare il buco ai maschietti. Non mi chiedete il perché, ho provato in tutti i modi a cambiare professione ma niente. Io sono la mosca dell'orinatoio.

Non è una bella cosa, se pensate che un lontano parente di mia moglie per lavoro è una delle pochissime Bibbie di Gutenberg ancora in circolazione. Lui è esposto a Ginevra, sotto una teca. Ma del resto tutti i miei amici fanno un lavoro normale. Conosco uno scolapasta, una porta girevole da hotel, un carro attrezzi, una panchina da giardino, un alveare. Per non parlare di tutti i miei conoscenti che sono dei capi d'abbigliamento: pantaloni, guanti, mutande. Conosco anche un numero spropositato di calzini.

A me piacerebbe tanto essere un'altalena o una mongolfiera. Invece no, dovevo proprio essere una mosca dell'orinatoio.

Quando finisco di lavorare e torno a essere me, non è facile tornare a casa. Mia moglie per lavoro è una cassetta delle poste. Sta tutto il giorno a farsi imbucare le lettere nella sua fessura. Mica male. A me rinfaccia sempre che sono un buono a nulla. L'altro giorno mi ha detto che il marito di una sua amica è... Mi vergogno a dirlo. Quando me l'ha detto sono scoppiato a piangere. Non volevo crederci. Ma è vero. Questo marito di una sua amica per lavoro è la Torre Eiffel, ma non una copia in miniatura, uno di quei tanti souvenir. E neppure una torre a grandezza naturale che si trova, non so, a Las Vegas. No, questo marito di una sua amica per lavoro è la Torre Eiffel, quella che sta a Parigi. Con tutti i turisti che gli salgono sopra e gli fanno le foto.

Questa cosa che non riesco a essere altro a lavoro mi sta facendo uscire fuori di testa. Oggi vado da uno psicologo per vedere se mi può dare una mano.


Psicologo: Prego, mi dica, mi racconti un po' di lei.

Io: Per lavoro sono una mosca dell'orinatoio.

P: Non le piace?

I: No. Direi proprio di no.

P: Cosa c'è nel suo lavoro che non le piace?

I: Per tutto il giorno guardo cazzi che mi pisciano addosso. Mai niente di diverso. Soltanto cazzi che mi puntano e mi sparano contro. Cazzi mosci, vecchi, piccoli, grossi, enormi. Ma lei ha presente quanto è antiestetico un pisello. E io ci devo combattere tutto il giorno, tutti i santi giorni. Tranne la domenica per fortuna che sto a casa.

P: Beh, effettivamente non è un bel lavoro. Ha provato a cambiare?

I: Si.

P: E allora?

I: Niente. Non trovo nient altro, pare che io sia nato per fare la mosca dell'orinatoio.

P: Non dica così. C'è sempre tempo per cambiare. Non si butti giù d'animo.

I: Grazie, lo farò. Ha qualche consiglio pratico da darmi?

P: Si. Lo psicologo rimane per qualche secondo in silenzio poi ricomincia a parlare. Quei cazzi che lei vede tutti i giorni, non li identifichi come dei semplici cazzi. Li consideri qualcosa di più. Sublimi la sua esperienza. Consideri quei piselli come organi che generano vita. Li consideri altro, non come li guarda tutti i giorni mentre le pisciano contro. Li consideri nel loro atto culmine e cioè nell'atto della penetrazione. Li immagini turgidi, enormi, esplosivi. Durante l'atto di erompere dell'eiaculazione. Faccia questo esercizio, almeno ci provi. La vita spesso è meglio di come ci appare. Credo le farà bene.

I: Grazie ci proverò.


Quella sera a tavola parlo con mia moglie di questa cosa che mi ha detto lo psicologo. Di guardare i cazzi che mi pisciano addosso in una veste diversa. Lei scoppia a ridere e mi dice che il mio psicologo è proprio un coglione, che ruba i cento bigliettoni che gli do e che secondo lei farei bene a smettere di andarci.


Moglie: Si faresti proprio bene a smettere di andarci.

I: Dici? Ma io mi sento meglio dopo esserci andato.

M: Ti senti meglio perché ti intorta con le parole.

I: Forse hai ragione. Ma non me la sento.

M: Fa come vuoi.

I: Facciamo l'amore questa sera?


Mia moglie si alza e inizia a lavare i piatti. Io prendo un mandarino e mi metto a sbucciarlo. Mangio gli spicchi lentamente, uno a uno. Quando finisco le vado dietro e mi struscio sul suo fondoschiena.


Lavoro nel cesso di un bar di una stazione di servizio che si trova lungo la superstrada che porta allo stadio. Oggi vorrei morire. È giorno di partita e tutti gli autobus di tifosi si fermeranno da noi per prendere qualcosa da mangiare e per andare in bagno. Giornata pesante. Parcheggio l'auto al solito posto, entro negli spogliatoi, saluto i ragazzi. Alle otto in punto inizio a lavorare: sono la mosca dell'orinatoio centrale. Due altri orinatoi a sinistra, due a destra. Dopo poco che ho attaccato iniziano ad arrivare i tifosi.

Intonano cori e indossano sciarpe colorate al collo. Io inizio a concentrami. È su di me che devono pisciare. Non fuori, alto, sopra, sotto. Su di me.

Sono bravissimo a fare il mio lavoro. È una giornata di lavoro sfiancate. Ma sono stato bravo. Se non fosse stato per un vecchio con la mano tremante nemmeno una goccia di piscio sarebbe finita a terra. Anche se il mio lavoro non mi piace, è in giornate come questa che do il massimo. Sono felice. Finito il turno, passo negli spogliatoi e mi do una sistemata, per oggi ho finito.

Passo al bar a farmi una birra. Siedo al bancone. C'è poca gente, qualche tifoso ubriaco che fa un'ultima bevuta prima di andare a dormire. Vicino a me siede una bella ragazza dai capelli biondi.


Bionda: Ciao

Io: Ciao

La ragazza mi fa il segno di salute con la sua bottiglia di Ceres. E butta giù un lungo sorso. Io ricambio e faccio altrettanto.

Bionda: E tu che combini nella vita?

Io: Niente bevo birra qui con te.

B: Che lavoro fai, intendevo dire.

I: Beh non ci crederai ma sono la mosca dell'orinatoio di questo cesso di posto.

B: Cioè? Non ho capito.

I: Provo a spiegartelo meglio. Sono quel piccolo adesivo a forma di mosca che si mette sulle pareti in porcellana degli orinatoi, così che gli uomini mi piscino contro e non piscino a terra.

B: Fico! Non avevo mai sentito qualcuno che facesse questo. Hai un biglietto da visita? Sai metti che me lo chiede qualche amico per una festa.

I: Certo. Tiro fuori dal portafoglio un biglietto da visita e glielo porgo. Non far caso all'indirizzo che c'è scritto sopra. È vecchio.

La bionda manda giù un altro lungo sorso di birra e prende il biglietto da visita in mano, legge ad alta voce.

Bionda: Mark Ajaccio, mosca da orinatoio.

Io: In persona.

B: Quindi, in fin dei conti sei un bersaglio da centrare.

I: In un certo qual modo.

B: Ma come fai per otto ore al giorno?

I: Il trucco sta nell'immagine i cazzi, non che ti stanno pisciando addosso, ma nel mentre compiono l'atto sessuale. Duri e gonfi di sperma. Me l'ha detto lo psicologo di fare questo giochetto.

B: Se lo dice lui...

I: Tu invece cosa fai per lavoro?

B: Io? Io sono la Tempesta di Giorgione. Uno dei quadri più belli e misteriosi nella storia dell'umanità. Sono esposta nelle Gallerie dell'Accademia, a Venezia.

I: E che ci fai qui?

B: Vacanza.

I: Comunque, ciascuno a suo modo, siamo entrambi una forma d'arte, tu forse soltanto un po' più complessa.

B: Soltanto un po'.

Rimaniamo per un po' in silenzio. Io finisco di scolarmi la mia birra. Lei anche. Poi lei si alza in piedi, mi da una bacio sulla guancia e va via. Io ordino un'altra birra. Proprio in quel momento arriva nel parcheggio della stazione di servizio un autobus stracarico di tifosi. Entrano dentro al bar ululanti e con delle bottiglie di birra in mano. In molti entrano in bagno. Rabbrividisco. Si è fatto tardi. Il trucco è pensarli duri e nell'atto della penetrazione.



La Tempesta di Giorgione

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